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La Torre di Borghetto

Borghetto di Tuoro sul Trasimeno (0)
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  • Edificio storico
  • Accesso per disabili
  • Animali accettati
  • Gruppi accettati

Description

Le prime informazioni sufficientemente assodate sul villaggio, ancora non ben fortificato, di Villa Burgi Novi risalgono alla fine del 1200, periodo in cui il territorio su cui insiste il nuovo centro abitato (un piccolo agglomerato più antico doveva essere fiorente attorno al Monastero benedettino di S. Martino della Vena, sito nei pressi della località Badiaccia e da cui prende il nome e un nucleo dell’abitato di età etruscoromana era stato individuato più ad est presso lo scavalcamento ferroviario in località Puntabella) fu oggetto di contesa a causa dei confini tra Perugia, Cortonesi, Aretini, Fiorentini e nobili fuoriusciti perugini. Il confine antico doveva quindi sfilare tra Tuoro e Passignano ricalcando quello linguistico (le parlate di Tuoro e, ancor più, di Borghetto sono più vicine al Chianino cortonese rispetto alla parlata di Passignano, che tende in maniera decisa verso il perugino). Per difendere i confini nordoccidentali del Comune, che, territorialmente, significava difendere la vera porta di accesso al Lago di Perugia (cioè al Trasimeno, lo storico Malpasso si trova nelle immediate vicinanze), Borgo Nuovo fu fortificato ad opera dei Magistrati perugini sul finire del 300.

Il castello venne, a più riprese, perduto e riconquistato, danneggiato e ricostruito e fu teatro di memorabili scontri, come quello del 1501 tra le nobili famiglie perugini degli Oddi e dei Baglioni, ma anche di scorrerie di opposte fazioni fino a divenire pressoché inabitabile. Ciò costrinse le autorità perugine a donare due mine di terreno (quasi un ettaro) a coloro che avessero avuto intenzione di stabilirsi a Borghetto.

Dell’antico castello, oltre alla chiesa parrocchiale di S. Martino, la cui origine è concomitante proprio con i lavori di fortificazione di Borgo Nuovo, rimane la torre dell’angolo sudorientale, simbolo della frazione, oltre a tratti di mura e delle torri angolari più piccole. Intorno al 1570, l’architetto militare Cipriano Piccolpasso ritrae la prima rappresentazione visiva del castello, disegnandone la pianta. Esso appare di forma rettangolare, con agli angoli quattro torrioni collegati da mura merlate alla cui sommità si sviluppa il camminamento di ronda. Nel mezzo di due mura sono disegnate due torri fuoriuscenti semicircolari, dalle cui feritoie, in caso di attacco, si effettuava il tiro di fiancheggiamento, risorsa questa molto vantaggiosa per i difensori. Infine, all’interno del cortile, sono poste varie abitazioni ma senza una precisa collocazione in isolati. Nel disegno non si notano né le due porte, una levante e l’altra ponente, né vi è indicata l’antica chiesa di S. Martino.

Nel 1479 il castello fu preso dall’esercito fiorentino guidato da Roberto Malatesta, signore di Rimini, nel corso della guerra contro il Papa. Nel 1643 il castello subì l’ultima distruzione ad opera di Ferdinando II di Toscana.

Borghetto fu per secoli terra di frontiera (e, in un certo senso, ancora oggi è così: questo territorio è diviso, da un punto di vista amministrativo, tra due regioni: Umbria e Toscana; tra due province: Perugia ed Arezzo; ed appartiene a tre comuni: Tuoro sul Trasimeno, Cortona e Castiglione del Lago), divenne terra inospitale per le continue razzie e incline al contrabbando e al brigantaggio.

Questo senso di insicurezza e precarietà, acuito dalle numerose oscillazioni ed escrescenze del lago (una cronaca del 1756 narra che si entrava nel castello in barca da una porta guarnita da due torri), si ripercosse sulla vita e sull’attività lavorativa e, anche, peschereccia dei Borghigiani: il porto di Borghetto è citato tra gli otto presenti al Trasimeno nella Cedola (o Legge sul Lago Trasimeno) di Papa Pio V. Eppure l’attività della pesca non risulta essere la principale occupazione degli abitanti di Borghetto. Il poeta Matteo dall’Isola Maggiore, per esempio, ricorda i Borghigiani come carbonai.

Ma a differenza di intendere la pesca come un “universo culturale” alla maniera degli abitanti di Isola Maggiore o di San Feliciano, i Borghigiani privilegiavano una pratica piscatoria improntata sull’individualità piuttosto che sulla collettività: per questo i pescatori di Borghetto, le cui tecniche di pesca erano considerate povere e meno fruttuose rispetto ai “professionisti del settore”, furono definiti ironicamente “pescatori di terra”.

Ma ciò che contraddistingue Borghetto e i suoi abitanti, nonostante la loro rocambolesca storia, è una forte, fortissima identità collettiva che, nel bene e nel male, fa loro dire “il Borgo fa da sé”.

GIACOMO BARNESCHI